ITALIANI IN UK: TASSE ITALIANE O TASSE INGLESI
Le imposte sono generalmente dovute nel paese di residenza.
Capiamo il perchè..
Pertanto gli italiani che risiedono in UK dovranno mettersi in regola con il pagamento delle imposte nei confronti di Sua Maestà e saranno tenuti a versare le tasse allo stato italiano limitatamente ai redditi prodotti in Italia (salvo le eccezioni previste dalla convenzione per evitare le doppie imposizioni stipulata tra lo Stato italiano ed Inghilterra) o nel caso possiedano dei beni nel bel paese (p.es. immobili).
Naturalmente l’Italia non dimostra entusiasmo nei confronti di chi l’abbandona e, soprattutto, di chi cessa di versarle le tasse, seppure legittimamente.
Dimostrare dove si è residenti
Pertanto gli italiani che risiedono all’estero sono tenuti a dimostrare di non essere più residenti in Italia, operazione che richiede impegno ed attenzione.
Infatti in Italia, ai fini delle imposte sul reddito sono considerati non residenti coloro che non sono iscritti nelle anagrafi comunali dei residenti per la maggior parte del periodo d’imposta, cioè per almeno 183 giorni (184 per gli anni bisestili) e non hanno, nel territorio dello Stato italiano, né il domicilio (sede principale di affari e interessi) né la residenza (dimora abituale).
Se manca anche una sola di queste condizioni i contribuenti interessati sono considerati ancora residenti e pertanto tenuti – ad esempio – a presentare annualmente all’Agenzia delle Entrate italiana la propria dichiarazione dei redditi ed a versare le relative imposte anche per i redditi (o parte di essi) eventualmente prodotti all’estero.
L’iscrizione all’A.I.R.E.
Per iniziare a far valere i propri diritti di residenti britannici, risulta importante il passaggio formale dell’iscrizione all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (A.I.R.E.), registro gestito dai Comuni sulla base dei dati e delle informazioni provenienti dai Consolati all’estero, che contiene i dati dei cittadini italiani che risiedono fuori dai confini patri per un periodo superiore ai dodici mesi.
L’iscrizione all’A.I.R.E. è effettuata a seguito di dichiarazione resa dall’interessato all’ufficio consolare competente per territorio entro 90 giorni dal trasferimento della residenza e comporta la contestuale cancellazione dall’anagrafe del Comune di provenienza e la perdita dei diritti connessi, quale ad esempio l’assistenza medica di base.
Inoltre, i cittadini che hanno trasferito la propria residenza in UK devono essere pronti a fornire la prova del reale trasferimento all’estero, e quindi dimostrare che non hanno in Italia la dimora abituale oppure il complesso dei rapporti riguardanti gli affari e gli “interessi allargati”.
Ma cosa sono gli “interessi allargati”?
L’Agenzia delle Entrate definisce tali, quelli relativi oltre che agli aspetti economici (solitamente sufficienti negli altri paesi), anche a quelli familiari, sociali e – giusto per rendere le cose meno facili e comprensibili – a quelli “morali”.
Definizione che – diciamo così – dimostra quanto l’Italia sia affezionata ai propri cittadini e tenga al fatto che restino quanto più possibile suoi residenti … e contribuenti.
Comunque, al fine di dimostrare l’effettivo trasferimento in Inghilterra, è possibile utilizzare qualsiasi mezzo di prova di natura documentale.
Ad esempio la sussistenza della dimora abituale in UK, sia personale che dell’eventuale nucleo familiare, l’iscrizione ed effettiva frequenza dei figli presso istituti scolastici o di formazione in Gran Bretagna, lo svolgimento di un rapporto lavorativo a carattere continuativo, stipulato in un paese britannico, ovvero l’esercizio di una qualsiasi attività economica con carattere di stabilità.
E chi ha interessi, affetti e domicili in UK?
E coloro che non sono ancora pronti a fare il salto dell’iscrizione all’A.I.R.E. e a rinunciare alla residenza italiana ma hanno interessi, affetti e domicilio in UK?
Niente paura, la Gran Bretagna – di norma – li considererà contribuenti italiani e non chiederà loro il pagamento delle imposte sui redditi. E nel caso di lavoratori dipendenti ai quali il datore di lavoro inglese ha già trattenuto e versato imposte a Sua Maestà, queste potranno essere detratte in Italia in sede di dichiarazione dei redditi.
Perché, è bene ricordarlo, chi risulta residente in Italia, anche se lavora (anche da dipendente) in UK, sarà tenuto alla presentazione della dichiarazione dei redditi italiana anche se non ha redditi o proprietà in Italia.
Con un po’ di ottimismo, potrà considerarlo un souvenir per ricordargli che in patria qualcuno gli vuole bene e si ricorda di lui: il fisco.
0 Comments